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Personaggi 1
TRIPOLI, BEL SUOL D'AMORE
Cirenaica e Tripolitania, l'odierna Libia, facevano parte all'inizio del secolo scorso dell'impero ottomano. Un impero in decadenza che perdeva i pezzi, anche ad opera delle potenze europee che miravano ad allargarsi in Africa. Sul finire dell'Ottocento la Francia aveva imposto il suo protettorato alla Tunisia, deludendo l'Italia che mirava alla "quarta sponda" (gli italiani in Tunisia erano numerosi). L'occasione si ripresentò nel 1911-1912 e l'impresa non fu difficile. Al canto di "Tripoli - bel suol d'amore - sarai italiana al rombo del cannon" i nostri soldati sbarcarono e aggiunsero la Libia alle nostre precedenti colonie di Somalia ed Eritrea. Vittorio Emanuele III non ne fu entusiasta: definì la Libia "uno scatolone di sabbia". Non immaginava quanto petrolio quello scatolone contenesse. L'impresa comunque fu facile, ma non definitiva: l'entroterra desertico rimase in possesso di tribù ribelli, che accentuarono la loro presenza durante la prima guerra mondiale, quando l'Italia aveva sul Carso e sul Grappa problemi ben più impellenti. Negli anni Venti il problema della pacificazione della Libia si ripropose, le azioni belliche furono riprese, e in questo quadro s'inserirono le imprese del maresciallo pilota Ottone Huber e del sottotenente di fanteria Sigfrido (ossia Siegfried) Wackernell. A Wackernell fu affidato un reparto di indigeni, che cadde in un'imboscata. La motivazione della medaglia descrive abbastanza sufficientemente le fasi dell'azione: "Alla testa della sua mezza colonna indigena, conduceva con sommo ardimento all'assalto alla baionetta i propri ascari contro nuclei nemici che tentavano di aggirare su di un fianco il convoglio della colonna. Rimasto ferito rifiutava di essere trasportato al posto di medicazione e, mentre incitava i propri uomini a proseguire nell'azione, cadeva mortalmente ferito. Esempio mirabile di dovere e di eroismo (BIR TAGRIFT - CIRENAICA - 25 febbraio 1928)".
Alla salma di Wackernell furono rivolti onori militari a Tripoli, a Roma ed a Merano. A Roma, in particolare, la cerimonia ebbe luogo nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, il tempio nazionale ufficiale, presenti addirittura il Re e Mussolini. Il sacrificio di Wackernell (e quello di Ottone Huber) giovò molto al regime che propose i due caduti come esempio di altoatesini conquistati ai colori nazionali. A entrambi furono dedicate caserme (a Bolzano, quella di via Druso). Curioso per molti aspetti lo scritto firmato dal maestro Cumer e apparso sul "Balilla dell'Alto Adige", un giornaletto per la gioventù fascista altoatesina: "C'era una piccola casa a ridosso dei monti verdi d'abeti. In essa Sigfrido Wackernell e la sua mamma vivevano in pace. Un giorno disse Sigfrido alla mammina : - Mamma .ascoltami! Ho vent'anni, son forte, amo l'Italia. Ad essa voglio far dono della mia vigoria. Parto, mamma. Ma prima benedici il tuo Sigfrido. - Silenziosamente tracciò la mano materna il segno della croce sul capo del giovane figlio. Sigfrido partì. Attraversò la Penisola, varcò il mare, giunse in Libia. Era tenente, ma trattava come un buon babbo i suoi Ascari. - Ragazzi, diceva loro, noi qui, siamo l'Italia. L'Italia non retrocede mai. Per il Re, per il Duce, sempre avanti, ragazzi! - E li guidava coraggiosamente all'azione. Ma un brutto giorno un drappello d'Arabi ribelli assale Sigfrido. Egli lotta gagliardamente, difende le posizioni che l'Italia gli ha affidato con tutta la sua energia. Ma è colpito. Il sangue gli sgorga a fiotti caldi dalle ferite: la vita esce con esso dal suo corpo robusto. Egli mormora: Italia, questa mia fiera giovinezza, questo core che t'ha tanto amata, il sangue mio ti consacro. La mia vita ti dono! - E spira. L'Italia, madre buona di tutti i suoi figli, raccoglie pietosa e grata quell'anelito supremo Nel libro della storia scrive accanto ai nomi degli innumerevoli Eroi, un nome nuovo: Sigfrido Wackernell di Merano, morto per la Patria".
Era la prosa di quei tempi.