Menu principale:
Personaggi 3
E GLI EBREI DI SALONICCO
Lucillo Merci in Albania
Questa è la storia di un bolzanino d'elezione (Riva del Garda 1899 - Bolzano 1984) che a rischio della sua vita salvò, durante l'ultima guerra mondiale, centinaia di ebrei.
Lucillo Merci negli anni Trenta insegnò alle scuole di Bronzolo e Malles, dove fu anche podestà. Nel 1938 fu direttore alle "Rosmini" di Bolzano, richiamato alle armi fu tenente sul fronte francese e poi capitano in Albania e Grecia. In quegli anni a Salonicco prosperava una numerosa colonia italiana e così dall'ottobre 1942 il capitano Merci fu distaccato al consolato italiano che vi aveva sede in qualità di interprete. Salonicco era infatti occupata dalla Wehrmacht e Merci, che conosceva il tedesco, doveva curare i contatti con l'occupante, a nome del console Guelfo Zamboni, per difendere gli interessi degli italiani che vi risiedevano. Massima carica della Wehrmacht era in zona Max Merten, capo della Gestapo l'SS Dieter Wisliceny (giustiziato nel 1948 in Cecoslovacchia). I problemi iniziarono nel febbraio 1943 quando agli ebrei greci della zona le autorità germaniche imposero la stella gialla sul petto, niente telefono e tram, vennero confinati in tre ghetti ed altro ancora. Iniziarono le deportazioni, e tra il marzo e il maggio 1943 40.000 ebrei di Salonicco furono deportati verso i lager tedeschi, in particolare in Polonia.
E' da questo momento che il capitano Merci iniziò a scrivere un diario segreto nel quale incominciò col raccontare come agli ebrei della comunità italiana il consolato distribuisse documenti attestanti la loro cittadinanza, per sottrargli alla deportazione.
Leggiamo nel diario di Merci (6/4/1943): "Da circa due settimane prosegue la deportazione degli Ebrei greci in Polonia su treni formati da 40 carri bestiame, su ciascuno dei quali vengono pigiate 60 persone di ogni età. Ogni trasporto è di 2.400 persone".
La situazione precipita cinque giorni dopo quando "ci viene letto il telegramma giunto da Berlino in cui sta scritto che le donne italiane sposate a israeliti greci sono da considerarsi greche a tutti gli effetti e quindi esse pure debbono essere deportate".
Il console chiede istruzioni a Roma, e da quel giorno al consolato italiano ci si adopera per attribuire la cittadinanza italiana a tutti gli ebrei imparentati con cittadini italiani. Annota Merci (7/5/1943): "Continua in Consolato il rilascio di cittadinanza italiana agli Ebrei coniugi di cui uno di origine italiana che abbiano consanguinei, ascendenti, discendenti o collaterali (…) fra i quali ci sia o ci sia stato un congiunto di qualsiasi grado di parentela già italiano o con cognome italiano. Esempio specifico: quello dei coniugi Daniele e Bella Mentesch, contadini con tre figlioletti. Ignorano la lingua italiana. Tra gli ascendenti ci fu un cognome italiano". Ancora Merci nel suo diario (25-28/5/1943): "Dal campo 'Baron Hirsch' sono stati liberati oggi 60 ebrei nati italiani o dichiarati italiani. Il 26 ne uscirono altri 5 e il 27 altri 4. Anche la famiglia di Rachele Modiano è stata liberata. Tutti insieme si sono dati appuntamento al nostro Consolato e fecero una grande dimostrazione di gratitudine al Signor Console e a me". Cambia il console ma il diplomatico subentrato prosegue nell'azione e il 14 luglio ecco un cospicuo contingente di ebrei italiani e "dichiarati italiani" partire da Salonicco alla volta di Atene, sicura perché occupata dagli italiani. "Alle 6,45 il Signor Console Dott. Castruccio ed io eravamo alla stazione ferroviaria. Il capitano SS Dieter Wisliceny era già lì con i suoi uomini. Vedemmo arrivare i partenti (…), ben 323 ne passarono dinanzi" (14/7/1943). Altri ebrei "italiani" vennero liberati alla spicciolata e accompagnati in zona italiana dal funzionario Emilio Neri e dallo stesso Merci. L'indomani: "Vennero dichiarati italiani perfino ebrei ricercati dalla Gestapo, che coraggiosamente si presentavano in Consolato a chiedere protezione". Più avanti nel diario di Merci: "Non nascondo che in taluni casi mi tremavano le vene e i polsi presentando taluni certificati agli Uffici tedeschi, indi, ogni volta l'elenco al Campo di concentramento per prendere in consegna gli ebrei liberati". Cade Mussolini, si giunge all'8 settembre, Merci viene arrestato ma poi liberato, il consolato chiude, Merci torna a Bolzano alle sue occupazioni civili e, come ispettore scolastico, un giorno giunge in ispezione a Nova Ponente dove interroga su Carducci uno scolaro di nove anni piuttosto bravetto che fa fare bella figura alla maestra Pompermaier: quello scolaro ero io (Ettore Frangipane). Termina la guerra, nel febbraio 1946 la comunità ebraica di Salonicco riconosce per iscritto che Lucillo Merci ha il merito d'aver salvato 113 persone. Calcoli per difetto. Scrisse Merci: "Furono salvati da morte sicura n.113 ebrei e 323 (ebrei) italiani o diventati tali furono avviati ad Atene, salvandoli essi pure dalla deportazione in Polonia". Il totale fa 436.