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Personaggi 2
"Ignaz Gabloner"
Non ha incusso timore il Mussolini che è apparso l'autunno del 2014 nella mostra dedicata allo scultore Ignaz Gabloner (1887-1964), ospitata nella "Lanserhaus" di Appiano. Il suo volto non era, come al solito, corrucciato ed imperioso, e sicuramente non assomigliava all'originale più di tanto, con quegli occhi grandi e un po' bovini. Poi lo hanno depotenziato (è diventato un verbo di moda, questo, a Bolzano) le tracce dei vandalismi che lo hanno devastato: il naso preso a martellate, un orecchio più che ammaccato. Un fascio riprodotto sul lato sinistro della giacca è stato accuratamente scalpellato a sua volta.
La storia lascia le sue tracce.
I curatori della mostra hanno voluto giustamente recuperare il busto, scolpito nel 1933, dalla cantina del museo di Bolzano, per completare il quadro di un periodo non lontanissimo, nel quale gli artisti sudtirolesi non disdegnavano (il regime pagava!) di produrre, tra le tante opere commissionate per decorare il nuovo Alto Adige, anche ritratti del Duce: così Piffrader (che il Duce lo effigiò a cavallo), Winkler (l'unico per il quale Mussolini posò realmente, v. "Bolzano Scomparsa 1"), Ehrenhöfer, Plangger, Scharf e sicuramente altri ancora. E ricordiamo anche un pittore toscano naturalizzatosi bolzanino, Ulderico Giovacchini, che il Duce lo effigiò ad olio, concedendogli un'espressione paciosa da buon padre di famiglia (v. ancora "Bolzano Scomparsa 1").
Per il resto la mostra di Appiano si è diffusa nell'ostensione di una notevole messe di opere: sculture e disegni che si muovono dai temi religiosi, alla scultura profana, ai monumenti funebri, alla ritrattistica: varie le tecniche. C'era il figurativo accademico e l'interpretazione d'ispirazione futurista, con riferimenti a Depero e indulgenze picassiane. Gabloner infatti ha disegnato e scolpito per lunghi anni e non si è limitato ad una produzione monocorde: ha seguito invece l'evolversi delle formule espressive, aggiornandosi costantemente e aderendo alle preferenze dei committenti. Della sua arte disse: "Ho sperimentato tutti gli 'ismi': cubismo, dadaismo, impressionismo, dadaismo".
Era d'origine contadina: suo padre perse in un incendio il maso di Siusi e fu costretto a scendere in città, ove s'impiegò come bottaio. Il figlio Ignaz frequentò la scuola professionale per l'artigianato, sezione artistica, che si trovava sotto le volte del chiostro dei Domenicani. Poi si portò in Germania, dove girò da una città all'altra scolpendo la pietra. Tornato in patria dopo la grande guerra, abitò inizialmente - con altri artisti - nel sottotetto della scuola dedicata alla Kaiserin Elisabeth, oggi a Dante Alighieri. Si fece notare nelle "Biennali della Venezia Tridentina" che venivano organizzate a Bolzano, il più delle volte nel teatro "Verdi". Espose a Monza (1923) e, con il suo amico Hans Piffrader, anche a Parigi (1925). Una vita per molto versi turbinosa, impossibile da sintetizzare, citiamo solo quel bombardamento del 1944 nel quale Gabloner, nel frattempo trasferitosi in via Streiter, perse casa ed un alto numero di sue opere. Ai bolzanini che il nome di Gabloner non l'hanno mai sentito citare, ricordiamo alcune sue opere che hanno abbellito la nostra città: anzitutto numerosi monumenti funebri in cimitero, poi la Trinità sulla facciata di Cristo Re, la fontana delle rane davanti alla stazione, la grande cappella funebre al cimitero di Oltrisarco, l'ingresso allo stesso camposanto, il grazioso San Francesco che parla agli uccelli sulla colonna della fontana all'inizio del Lungotalvera sinistro. E citiamo anche sua figlia Herthilde, che mutò il suo nome in Maria Gardena e tentò - con qualche successo - la via del cinematografo. Recitò anche con Vittorio De Sica, che le fu regista e co-interprete.
"La cappella del cimitero di Oltrisarco"
"Il Duce interpretato da Gabloner"