Bolzano scomparsa


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Ottone Huber

Personaggi 1

NEL CIELO DELLA LIBIA

Ottone Huber, pilota meranese, negli anni Venti del secolo scorso combatté nei cieli della Libia, per reprimere la resistenza delle tribù locali che – dopo la conquista italiana (1911-1912) – non avevano cessato di manifestare la loro ostilità. Il suo valore fu riconosciuto con l’assegnazione di una medaglia d’oro, due d’argento, tre di bronzo e due croci al valor militare. Fu abbattuto e ucciso nel 1929. Il padre di Huber era stato a lungo vicesindaco di Merano.
Al momento della chiamata alle armi, nel 1922, Ottone (Otto in famiglia) aveva chiesto di essere arruolato in aviazione, iniziando a Ghedi una carriera che, di aeroporto in aeroporto e di brevetto in brevetto, lo aveva portato infine come sergente nel 1924 a Bengasi, la capitale della Cirenaica. Da quell’anno e fino al 1926 Otto effettuò 273 voli per 418 ore meritando due medaglie di bronzo, rispettivamente nei cieli del Gebel Centrale e della Sirte. Volava su biplani dotati di una mitragliatrice e dai quali venivano fatte cadere bombe di peso ed effetti modesti, rispetto a quello che si sarebbe visto più tardi, in un crescendo, in Spagna, Etiopia e durante la seconda guerra mondiale. I voli servivano anche alla ricognizione e al collegamento tra reparti operanti a terra. Rimpatriato per fine ferma, Otto Huber chiese di poter riaccedere all’Arma e tornò così in Libia. E’ del 1929 una proposta di conferimento della medaglia d’argento per il suo impegno nel cielo di Bil-Berrix. Eccone il testo:
“Il giorno 6 aprile, durante un combattimento contro una parte della Mehalla ribelle, con un volo durato oltre 5 ore ed in condizioni atmosferiche difficilissime, con abili ed ardite manovre rendeva possibile all’osservatore di tenere costantemente collegate le nostre truppe. Incurante del pericolo e malgrado che l’apparecchio venisse ripetutamente colpito e danneggiato da intenso fuoco nemico, con sublime sprezzo del pericolo e sereno ardimento, sorvolava costantemente la zona del fuoco e rientrava alla sua base dopo che vedeva assicurata la vittoria alle nostre armi”. Prima che alla proposta potesse venir data esecuzione, tuttavia, Otto Huber fu abbattuto. La sua ultima vicenda è riassunta nella motivazione della medaglia d’oro alla memoria che gli fu conferita l’anno successivo.
“Maresciallo di 3 classe pilota HUBER, Aviatore abile ed ardito, combattente d'indomito coraggio, ritornava volontariamente in Colonoa dove aveva già dato magnifiche prove del suo valore. Dopo una lunga serie di voli durata per oltre 100 ore, nei quali più volte la fucileria nemica aveva colpito il velivolo, portato con sublime sprezzo della vita a bassa quota per rendere più efficace l'offesa, l’11 novembre 1929 veniva abbattuto dal fuoco di un door ribelle sul quale con l'usato ardire portava la sua micidiale azione. Circondato dai nemici, fieramente e strenuamente a colpi di moschetto teneva testa al soverchiante numero degli assalitori, finché ferito cadeva prigioniero. Sei giorni di inenarrabili sofferenze fisiche e morali, sopportate con orgoglio d'Italiano e di combattente non riuscivano a piegarne la fibra, finché veniva barbaramente ucciso dal nemico in fuga. Glorioso esempio di amor patrio dei nuovi figli d'Italia “.
Questa motivazione però, non rispecchia del tutto la realtà, che fu raccontata in occasione dei funerali a Merano, i primi di gennaio del 1930, dal sergente aviatore Sacchi, amico di Otto, che fece parte della colonna che ne ritrovò la salma. La Provincia di Bolzano riferendo le parole di Sacchi scrisse (7/1/1930): “L’Huber il giorno 11 di novembre 1929 si era innalzato con un tenente aviatore per un volo di ricognizione; il velivolo era accompagnato da un aeroplano per il lancio di bombe. In questo volo di guerra l’apparecchio dell’Huber è stato colpito nel propulsore per cui fu costretto ad atterrare. Dopo l’atterraggio l’ufficiale di aviazione e l’Huber sono stati assaliti dai Beduini e si difesero con la mitragliatrice tolta all’aeroplano e con un fucile. L’apparecchio lancia-bombe che era molto più pesante, non poté atterrare per il dislivello del terreno e prestò aiuto ai due aviatori nella difesa finché per l’esaurimento della benzina fu costretto di ritornare alla sua base. Il giorno 17 novembre venne trovato il cadavere dell’Huber dalla colonna della quale faceva parte anche il Sacchi. Sul cadavere apparivano due ferite da pallottola alle gambe e parecchie ferite pure di palla al petto. Nelle vicinanze del cadavere che non portava segni di alcuna mutilazione, venne trovato un biglietto scritto di propria mano dall’Huber nel quale si diceva che egli aveva reso inservibile la mitragliatrice affinché la stessa non potesse servire da arma contro le nostre truppe”. A Bolzano gli è stata dedicata una caserma. A Merano una strada.

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