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LA MAGIA DEL PIANOFORTE
Pochi sanno che il grande pianista Arturo Benedetti Michelangeli morì bolzanino. Il suo nome figura infatti nel librone dell’anagrafe di via Vintola, che elenca i residenti a Bolzano, deceduti nel 1995. Benedetti Michelangeli nacque pertanto a Brescia nel 1920, morì a Lugano nel 1995, riposa a Pura (Lugano) dove ultimamente abitava, ma a Bolzano ha lasciato tracce profonde, a parte la sua residenza. E ricordiamo così i suoi concerti, la sua attività come cofondatore del concorso Busoni e membro di quella giuria, il suo insegnamento al Conservatorio. Sfogliando la stampa locale degli anni più lontani citiamo anzitutto l’edizione del febbraio 1942 della rivista Atesia Augusta, nella quale si annuncia che per “la costituzione di una «Società di concerti», alla quale, data la fattiva iniziativa del R. Conservatorio di Musica ed il generoso e comprensivo appoggio delle massime autorità, ha arriso il più completo successo. La Società ha infatti raccolto in brevissimo tempo oltre cinquecento soci, ed in attesa che sia costruita la sala dei concerti nella nuova sede del Conservatorio svolge le proprie manifestazioni nella sala della Camerata del Littorio”. Quest’ultima era un vasto locale che si trovava in piazza Walther (allora piazza Vittorio Emanuele III) e che all’origine aveva appartenuto all’hotel Schgraffer. Oggi l’edificio accoglie uffici comunali ed al piano terra si trova, adattato a pubblico esercizio, l’ampio locale che in passato aveva ospitato il ristorante dell’hotel prima e poi l’”Unione Circolo Savoia” quindi trasformata in “Camerata del Littorio”.Vi si tenevano anche concerti, molti del quali l’E.I.A.R., la RAI di allora, trasmetteva in diretta per l’alta Italia. Nel 1942 vi tenne concerto anche Arturo Benedetti Michelangeli. Scrisse l’Atesia Augusta: “L'inizio dell'attività della stagione connon poteva essere migliore, ché il pubblico bolzanese ha avuto il privilegio di ammirare l'arte veramente indimenticabile di quel geniale pianista che è il bresciano Arturo Benedetti Michelangeli. Nell'arte di questo nostro esecutore che poco più di ventenne si è imposto vittoriosamente all'attenzione dei più difficili pubblici europei, c'è molto di più di quello che comunemente ci è dato ammirare anche nei sommi pianisti: in lui si ravviva infatti quel pathos che, nella storia, è stato raro privilegio di pochi eletti. Ci sono delle atmosfere magiche che si formano attorno al nome ed alla personalità di un artista: atmosfere che quasi inondano in precedenza gli ambienti dove esso farà la sua apparizione (...). Quando il pianista Arturo Benedetti Michelangeli ha affondato le bellissime sue dita nella tastiera dello Steinwey, c'era d'intorno l'ampio respiro del silenzio attento, pronto a riempirsi del gioco dei suoni. Da quel momento sino alla fine del programma, le anime di tutti i presenti sono state come afferrate prepotentemente da una personalità che s'imponeva e sono state tenute avvinte al contatto di un fiotto d'impeto musicale che non dava requie (...). Se, noi dicessimo che Arturo Benedetti Michelangeli è tecnico perfetto e interprete profondamente maturato in una esperienza musicale che, confrontata coi suoi vent'anni o poco più, fa pensare al miracolo; se ci soffermassimo a sottilizzare sul magistero del suo tocco o sull'avveduto uso del pedale, frutto certo di un connubio spettacoloso fra l'intelligenza espressiva ed un intuito privilegiato, noi non faremmo che sottolineare doti singolarissime e tutt'altro che comuni anche in molti pianisti di fama.
Il miracolo della sua arte infatti inizia proprio là dove quelle doti finiscono, e dove l'opera di vera magìa ha il suo regno (...). Alla dinastia dei Liszt, dei Paderewsky, dei Busoni la nostra patria aggiunge oggi il nome del ventenne Benedetti Michelangeli, e di ciò non possiamo che rallegrarcene di cuore (...)”. La recensione è di Guglielmo Barblan, insegnante del Conservatorio e musicologo, del quale si può veramente dire che fu buon profeta. D’altro canto bisogna riconoscere che, seppure assai giovane, Benedetti Michelangeli non era affatto uno sconosciuto. Scrisse la Provincia di Bolzano il 24/2/1942, in quella stessa occasione: “La sua arte mirabile ha scosso già i più difficili pubblici di Europa ed è già certamente gran ventura per la nostra città di ospitarlo nella serie dei propri concerti”. Così, procedendo, il giornale descrive l’ambiente in cui il concerto ebbe luogo: “Ieri sera quando le cento e cento persone assiepavano in maniera assolutamente impensata non più le sedie o i divani, ma ogni riposto angoletto anche delle salette adiacenti alla sala della Camerata del Littorio, si sentiva nell'aria un'atmospera insolita di attesa trepida. C'era come il lieve assaporare di un rito che si stava per compiere: i nervi erano tesi per accogliere quanto più fosse possibile, il desiderio era in ognuno spinto al massimo. Come tali fenomeni avvengano solo chi dà agli artisti alito di vita altissima può dirlo: al cronista non è concesso di più che annotare il fatto”. Due curiosità: il concerto dovette essere posposto perché il pianista era stato chiamato alle armi il 24 gennaio precedente (3compagnia di Sanità a Milano); alla manifestazione fu dato inoltre inizio alle 20,15 con l’impegno che la sala dovesse chiudersi improrogabilmente per le 22, secondo le disposizioni impartite per il periodo di guerra (risparmio luce, allarmi aerei ecc.). Il successivo concerto di Benedetti Michelangeli avvenne a Bolzano nel 1949, a conclusione della seconda stagione della Società dei concerti nella sala del ricostruito Conservatorio musicale. Scrive il prof. Giuliano Tonini in “150 anni di musica a Bolzano”: “La manifestazione si svolse nella nuova sala concerti del Conservatorio, inaugurata all’inizio di maggio del 1949 con lo scoprimento, all’ingresso della sala di una lapide alla memoria del maestro Mario Mascagni (era il direttore del Conservatorio, appena scomparso, ndr). La consacrazione artistica della nuova sala avvenne pochi giorni dopo, sabato 7 maggio, con il concerto conclusivo della stagione 1948/1949 della Società dei Concerti/Konzertverein tenuto dal pianista A. Benedetti Michelangeli il quale eseguì musiche di F. Chopin nel centenario della morte”.
In quello stesso anno Bolzano varò il concorso pianistico “Ferruccio Busoni” nel 25° della morte del grande pianista e compositore. L’iniziativa fu del nuovo direttore del Conservatorio, M° Cesare Nordio, col quale Arturo Benedetti Michelangeli collaborò. Nel 1997 chi scrive queste righe organizzò una mostra sul grande artista, per conto dell’Assessorato provinciale alla cultura, nella sala civica di piazza Domenicani non ancore ufficialmente inaugurata. Nel catalogo appaiono memorie e scritti di chi ebbe modo di conoscerlo o anche solo di sentirlo suonare. Quanto alla nostra città, Vittorio Albani vi precisa: "Il 1949 è l'anno in cui Bolzano entra a far parte della vita del pianista. Il 10 febbraio, appena concluso il tour americano, accetta con una lettera la proposta del direttore del Conservatorio di Bolzano Cesare Nordio, di far parte del Comitato fondatore del Concorso pianistico internazionale Ferruccio Busoni mettendo addirittura a disposizione la cifra di duecentomila lire per il secondo premio.
Partecipa alla stesura del bando di concorso e fa parte della giuria del primo concorso (...). Farà parte della giuria costantemente sino al 1952, primo anno in cui viene assegnato il primo premio”.
La presenza di Benedetti Michelangeli a Bolzano durò alcuni anni. Nel 1939, a 19 anni (!), gli era stata affidata per chiara fama la cattedra di pianoforte principale al Conservatorio di Bologna. Nel 1945 aveva ottenuto il trasferimento a quello di Venezia e nel 1950 si trasferì al Conservatorio di Bolzano, dove insegnò fino al 1959, tenendo anche un corso di perfezionamento nel castello di Appiano. Le sue presenze tuttavia, per i molti concerti ed anche per l’irrequietezza del suo carattere, non avevano la continuità che un insegnamento regolare esigeva. Intervistata per il catalogo della mostra bolzanina del 1997, Vea Carpi, direttrice del Conservatorio musicale la cui casa – da bambina – era frequentata da Michelangeli (suo padre Giannino era violinista, sua madre Gabriella era pianista) disse: “Aveva le chiavi del Conservatorio; era capace di passarci tutta la notte per studiare e studiare ancora.
Poi all’alba usciva e non lo si vedeva più sino a che, magari giorni e giorni dopo, non si ricordava di avere una lezione. Andò avanti così sino al giorno in cui questa ‘libertà’ gli venne fatta pesare – non so a quali livelli, se ministeriali o locali – e gli venne chiesto di rispettare determinate regole. Fu da quel che si ritenne profondamente offeso e prese la decisione di andarsene. Non lo vedemmo più”. Vittorio Albani precisa: “Con gli anni però, a causa dell’intensa attività concertistica, le sue presenze al Conservatorio diventeranno sempre più sporadiche, fino a quando, alla fine del 1959, si vedrà costretto a chiedere un’aspettativa di dodici mesi. Nel frattempo il direttore Nordio, per venire incontro alle esigenze del concertista, chiederà e otterrà dal Ministero della Pubblica istruzione l’istituzione di un corso di alto livello pianistico internazionale da affidargli. Tale autorizzazione arriverà però l’8 gennaio 1960: troppo tardi”. Benedetti Michelangeli espresse per iscritto al direttore Nordio il suo dispiacere e mandò a ritirare il suo pianoforte Petrov, precisando che si trovava nell’aula 21. Lì aveva insegnato, tra l’altro, negli anni tra il 1950 al 1952 alla giovane Maria Cristina Mohovich, unica “sopravvissuta” di una classe che inizialmente era di sette allievi, e che Michelangelì scremò. Ricorda la professoressa Mohovic: “Anni di studio assiduo e massacrante. La sua alta professionalità, il suo rigore, la sua assoluta devozione all’arte non ammettevano concessioni di sorta, né alcun tipo di vittimismo o autocommiserazione. Ricordo un giorno in cui mi apostrofò a proposito di uno studio di Liszt, ancora piuttosto ‘malconcio’ (...). Gli risposi timidamente che avevo fatto del mio meglio, lavorando – com’ero solita fare – le mie sette ore al giorno. Mi replicò severamente “...sono poche! Almeno otto... una giornata è fatta di ventiquattr’ore: otto per studiare, otto per dormire e ne rimangono ancora otto... per divertirsi”. Maria Cristina Mohovich, tuttora residente a Bolzano (2011), è l’unica pianista che ottenne il diploma con Arturo Benedetti Michelangeli.