Bolzano scomparsa


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Camillo Zancani

Personaggi 3

Un garibaldino di Egna.

Vi fu - e lo sanno in pochissimi - un altoatesino che combatté tutte le guerre d'indipendenza contro gli austriaci, partecipò anche alla spedizione dei Mille, e fu a fianco di Garibaldi in occasione anche dell'episodio anti-Savoia in Aspromonte. Definirlo altoatesino è improprio: all'epoca l'Alto Adige, chiusa la parentesi napoleonica, non esisteva e lui si dichiarava trentino, sta di fatto però che Camillo Zancani nei registri parrocchiali di Egna - perché lì è nato - fu iscritto il 23 agosto 1820 come Kamillus Joseph Thomas Zancan, di Joseph e Luzia Pellegrini. Defunto il Regno d'Italia di napoleonica memoria, che aveva portato l'italiano come lingua ufficiale fino a nord di Bolzano, anche ad Egna fu reintrodotto infatti il monolinguismo tedesco. Lui comunque si definiva trentino con una certa libertà, perché l'aggettivo non era gradito alle autorità dell'epoca, per le quali era solo un tirolese. Da aggiungere che l'originario Zancan su tramutato in Zancani da lui stesso, forse per rendersi meno visibile all'Austria che lo cercava.
Il padre di Camillo proveniva da Arsiero, dai monti del Vicentino. Sposatosi nel 1813 a Rovereto, vi gestiva l'Osteria delle Due Rose. Sul finire del 1818 si era trasferito con la sua crescente famigliola ad Egna, per gestirvi l'osteria all'Agnello. Come scrive Achille Ragazzoni in "Un Garibaldino dimenticato" (Centro Studi Atesini): "Lo Zancani (Camillo, ndr) non essendo un intellettuale, fu costretto a lavorare per il pane; già a vent'anni si trasferisce a Trento ove trova impiego come commesso di bottega (...). Trascorrono alcuni anni apparentemente tranquilli, ma in realtà il tarlo della nazionalità aveva già cominciato a rodere dall'interno il cosmopolita impero asburgico. Tutte le etnie che componevano l'impero acquistavano una coscienza nazionale, non solo gli italiani che cominciavano allora a sentirsi popolo e non più abitanti di una banale espressione geografica (...). Questo clima contagiò pure la nostra regione ed il nostro Camillo si buttò a capofitto nella lotta politica". Si giunge al 1848, anno di turbolenze in Europa, ed anche a Trento scoppia l'insurrezione. E' la festa di San Giuseppe, la folla che festeggia il Santo chiede solo che il Trentino lasci la Confederazione germanica per essere annesso al regno Lombardo-Veneto, comunque asburgico. Davanti al municipio Camillo Zancani insieme al sacerdote Giovanbattista Zanella e ad Elia Devarda tiene un discorso infiammato. La festa degenera, la guarnigione austriaca spara, si hanno quattro morti. Zancani fugge a Vicenza dove si arruola nel Corpo Franco di Schio, comandato la Arnaldo Fusinato (sissignori, il poeta: "... il morbo infuria - il pan ci manca - sul ponte sventola - bandiera bianca"), e il 25 aprile al Pian delle Fugazze i patrioti si scontrano con gli austriaci: per Zancani è il battesimo del fuoco. Inizia così una vita avventurosa che lo porterà tra l'altro a Brescia e Milano, nel 1859 scoppia la seconda guerra d'indipendenza e Camillo Zancani si arruola con i Cacciatori delle Alpi: combatte a Varese e San Fermo. La Lombardia viene acquisita dai Savoia, non il Veneto.
Torna la pace e Zancani si dà da fare per arruolare volontari trentini agli ordini di Garibaldi. Punto d'incontro è Desenzano, raggiungono Genova, e partono in Mille per la conquista del Regno delle Due Sicilie. A Calatafimi è ferito ad un braccio (palla di rimbalzo), alle porte di Palermo più seriamente ad un ginocchio (cannone di striscio), ma riesce ad essere comunque presente alla battaglia di Milazzo. Viene ferito una terza volta nella battaglia del Volturno. I superiori lo qualificano "eccellente uomo e patriota che tutto pospose alla causa nazionale". Un riconoscimento gli viene parallelamente anche dalle autorità austriache che mandano al confino Angelo Marsilli, di Trento, per essersi messo in contatto col "pericoloso emigrato Camillo Zancan".
Siamo al 1866 e scoppia la terza guerra d'indipendenza. L'Italia è alleata della Prussia contro l'Austria. Zancani accorre nuovamente agli ordini di Garibaldi come luogotenente del 6° Reggimento Volontari, che il 16 luglio a Cimego incontra il battesimo del fuoco. Cinque giorni dopo si spingono troppo avanti e subiscono una carica degli ulani austro-ungarici, ove Zancani è ferito nuovamente. Scrive Giuseppe Cesare Abba: "Andava tranquillo, senza sciabola e senza rivoltella, quando dagli avamposti partirono alcuni colpi e si udirono grida di allarme; e subito, in un polverone che pareva spinto da un uragano, lo Zancani si sentì addosso la furia di cinque cavalieri e fu atterrato da un colpo di lancia nel petto e un'altra in un braccio (...). Fu raccolto più morto che vivo e portato all'ambulanza, su d'una barella presa dal cimitero lì presso. Nel passare, vide un ulano disteso morto. Lo compianse: Povero diavolo!" Sopravvisse e gli diedero la Croce dell'Ordine Militare di Savoia. Tornò al mestiere di negoziante, a Milano, "ma la sua mente inizia ad ottenebrarsi, perdendo di tanto in tanto di lucidità". Aderì all'Associazione Italia Irredenta e mantenne i contatti con Garibaldi, invitandolo ad invadere nuovamente il Trentino. Ma il tempo era passato. Si ritira allora a Venezia dalle sorelle e lì muore, il giorno dopo il Natale del 1888, amareggiato, ammalato, dimenticato e in miseria. In casa del defunto non venne trovato "un soldo per seppellirlo" (così il telegramma che Cossovich, presidente della Società dei Mille, inviò al presidente del Consiglio dei Ministri Crispi). La somma necessaria, 271,50 lire venne messa a disposizione dallo Stato. Il 19 ottobre 1924 sulla sua casa natale, ad Egna, fu murata una lapide commemorativa sopra un busto dovuto a Luigi Cainero, pittore e scultore nato a Trieste e morto a Bolzano nel 1968. Durante la parentesi nazista lapide e busto scomparvero.
Bolzano ha dedicato a Camillo Zancani una strada.

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