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Personaggi 4
Ad Amburgo nel 1892 scoppiò il colera. Erano episodi frequenti, nell'Ottocento (nel solo Trentino - definito allora Südtirol - nel 1855 si ebbero oltre 14.000 casi con 1.655 decessi) e la causa stava nella scarsa igiene. Le autorità decisero allora d'intervenire e fu realizzata una struttura, che si occupasse dell'igiene e dell'ambiente, e che ebbe sede nel quartiere di Rothenburgsort, uno dei più degradati di Amburgo. Con gli anni il complesso si articolò in tre blocchi, uno dei quali diventò un ospedale pediatrico, il "Kinderkrankenhaus". Danneggiato dalla guerra, fu subito ricostruito. Oggi a lato del suo ingresso figura una targa con questa scritta: "In questo edificio furono uccisi tra il 1941 e il 1945 più di 50 bambini disabili. Un collegio di periti aveva dichiarato che la loro vita non aveva valore ("unwertes Leben") e li destinò a morire in reparti pediatrici. L'amministrazione sanitaria di Amburgo fu corresponsabile. Medici di Amburgo controllarono il ricovero e la soppressione dei bambini. Personale sanitario dell'ospedale pediatrico eseguì queste direttive. Nessuno dei responsabili è stato condannato a pagare per questi delitti".
Questa allucinante operazione rientrava nella politica nazista volta al miglioramento della razza: nella Germania della svastica non c'era posto per disabili, omosessuali, ebrei, zingari. Andavano eliminati! In una trentina di strutture, due delle quali ad Amburgo, furono così uccisi, tra gli altri, 5.000 bambini, la cui colpa era soprattutto quella di essere affetti da un deficit mentale. Ad ucciderli furono medici ed infermieri, che solo in pochi casi furono chiamati a rispondere di questi delitti. Nel caso dell'ospedale di Amburgo-Rothenburgsort emersero tra l'altro davanti ai giudici le difficoltà nel riuscire a iniettare ai bambini 5 cc di Luminal: erano necessari più infermieri, per tenerli fermi, perché i bambini, terrorizzati, si ribellavano. Morivano un paio di giorni dopo. Nel corso dei procedimenti giudiziari del dopoguerra per il caso di Amburgo-Rothenburgsort, nessuno dei medici o infermieri si pentì di quelli atti. Tutti comunque poterono tornare a casa: furono giudicati non colpevoli dalla giustizia della Germania federale.
Il personale sanitario di quell'ospedale pediatrico constava di una quindicina di persone. Di queste, solo quattro si si rifiutarono di partecipare a questi omicidi, e tra queste figurò una bolzanina, Lydia Fontana. Era nata nella nostra città il 19 giugno del 1913 e negli anni delle opzioni si trasferì in Germania. Aveva 26 anni quando approdò ad Amburgo ed iniziò a prestare la sua opera nell'ospedale di Rothenburgsort. Si trasferì con altro personale sanitario e 200 bambini nella città di Celle, un centinaio di chilometri a sud di Amburgo, quando l'ospedale fu danneggiato dalle bombe; ma ben presto riattivato. Tornò alle volte a Bolzano, anche durante la guerra, e lavorò nell'ospedale civile, che nel 1944 si trovava a Gries, in quello che oggi è il Grieserhof. Fu affascinata dall'omeopatia e nel 1952 raggiunse a Roma il dott. Antonio Negro, il più noto omeopata italiano, scomparso un lustro fa all'età di 102 anni. Lo studio era in piazza Navona, ove Negro fondò il museo italiano dell'omeopatia. Lydia Fontana abitava lì. Poi il rientro a Bolzano, sempre sola, ove visse nel suo appartamento di via Duca d'Aosta 4. Praticò medicina alternativa (omeopatia e medicina orientale) nella zona di Fiè, ove si recava frequentemente. Finché si spense il 2 dicembre 1976 per un tumore ai polmoni, pur non avendo mai fumato.
Lydia Fontana, come tante altre persone che vissero esperienze dolorose durante la guerra, non amava raccontare la sua vicenda. Ma la scoprì un giornalista di Celle, Andreas Babel, che sugli infanticidi nazisti ha scritto un libro: "Kindermord im Krankenhaus" (Infanticidio in ospedale).