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La sede oltre cent’anni fa
La sede centrale della Cassa di Risparmio non appariva sempre come oggi, e non è stata comunque sempre ubicata dove oggi si trova. La “Sparkasse der Stadt Bozen” – questa la sua ragione sociale prima che l’istituto s’estendesse a tutta la provincia - fu fondata nel 1853 “allo scopo di permettere agli artigiani, ai braccianti, agli inservienti e a tutta la classe meno abbiente di custodire in sicurezza, ed investire con adeguata remunerazione, i propri risparmi”. La prima sede della Cassa di Risparmio fu aperta nell’odierno vicolo della Pesa, in piazza del Grano, un antico edificio che la Cassa ha ora ricomprato. Poi l’istituto ritenne di allargarsi e si trasferì nell’odierna via della Mostra, lato nord, a ridosso di un porticato che oggi non c’è più perché distrutto dalle bombe. Ben presto però anche questa sede apparve inadeguata (vi lavoravano in tutto nove dipendenti) e così si pensò ad un ulteriore trasferimento, e stavolta... fuori città. Fu preso in considerazione il luogo attuale, lungo la salita che porta al ponte Talvera (si stava sostituendo il vecchio manufatto in legno con quello attuale, in ferro), e si acquistò l’area sulla quale sorgeva tra l’altro il laboratorio di un “Kupferschmied”, un ramaio. Vi fu chi protestò perché la nuova sede sarebbe stata troppo lontana dal centro, ma la decisione dell’assemblea dei soci (7 febbraio 1900) era ormai presa, e si diede il via. Fu bandito un concorso al quale concorsero ben 50 progetti, nessuno dei quali però convinse del tutto. Fu acquistato altro terreno, i disegni furono rielaborati, l’incarico venne dato infine all’architetto germanico Wilhelm Kürschner, capo dell’ufficio tecnico del Comune, che aveva immaginato un complesso in stile baroccheggiante, come altri edifici che in quegli anni stavano sorgendo – e li si vedono tuttora – nelle vie Cassa di Risparmio e Leonardo da Vinci. I lavori furono ultimati nel 1907. Erano i primi anni del ventesimo secolo e s’era formato nell’odierno triangolo tra via Museo, via Cassa di Risparmio e via Talvera, un blocco di case d’ispirazione germanizzante, assolutamente estraneo al contesto cittadino. Erano gli anni della gestione del sindaco Perathoner, d’orientamento liberale, laico e filogermanico, e lo stile eclettico adottato (pinnacoli gotici su strutture romaniche e barocche) ben rispecchiava l’orientamento bolzanino dell’epoca.
Venne il 1930 e Roma impose l’accorpamento all’istituto bolzanino delle Casse di Bressanone, Vipiteno ed Ortisei, e poi la fusione delle Casse di Bolzano, Merano e Brunico in un’unica Cassa di Risparmio della Provincia di Bolzano. Lo spazio della sede centrale tornò a manifestarsi carente; oltretutto al regime non piaceva lo stile “troppo tedesco” dell’edificio e così nel 1938, essendo presidente dell’istituto l’on. Luciano Miori, si diede nuovamente mano al piccone. L’architetto Francesco Rossi (con il bolzanino Guido Pellizzari progettista dell’attuale palazzo degli Uffici finanziari in corso Italia) “lavò in stile fascista” le facciate dell’edificio imponendovi il razionalismo piacentiniano tanto caro al fascismo, e così un avulso edificio mediterraneo s’inserì a forza in un contesto germanico, altrettanto avulso. Elemento distintivo del nuovo edificio furono i due bassorilievi ad angolo che il giornale “La Provincia di Bolzano” così descrisse (22/6/1939): “Sul rinnovato palazzo della Cassa di Risparmio all'angolo fra via Regina Elena e via Museo, è stato collocato in questi giorni un artistico bassorilievo, pregevole opera dello scultore concittadino cav. Giovanni Piffrader (Hans Piffrader di Chiusa, lo scultore del Mussolini a cavallo di piazza del Tribunale, ndr). I due particolari di questo nuovo lavoro del Piffrader (...) possono offrire un'idea del valore artistico della scultura, la quale perfettamente s'attaglia anche alle linee architettoniche della costruzione progettata dall'arch. Rossi. Nel bassorilievo che occupa il prospetto principale dell'edificio, in quasi tutta la sua altezza, il Piffrader ha felicemente sintetizzato le forze economiche della nuova Bolzano, realizzando figure modellate con quella vigoria di tratti, che gli è propria. Inspirandosi alle funzioni che la Cassa di Risparmio esplica per il potenziamento delle attività nei vari settori dell'economia atesina, l'artista ha rappresentato nella parte inferiore del bassorilievo una solida figura di mercante veneziano in atteggiamento pensoso, che poggia una mano su di uno miliare romano. Un'altra figura, simboleggia l'agricoltura; una terza il commercio. In alto si scorge il simbolo del risparmio: un'ape ad ali spiegate. Sullo sfondo di queste figure il Piffrader ha posto come già fece per il «Veni, vidi, vici» premiato alla Sindacale d'arte, altri simboli, come il gladio romano, il libro e il moschetto, l'aratro che traccia il solco, la spada che lo difende. Un altro bassorilievo di minori dimensioni lo stesso Piffrader ha modellato per ornare 1'angolo dell'edificio verso il ponte Claudio (ponte Talvera, ndr). Qui egli ha scolpito un rostro romano sormontato da un'aquila che poggia su di un fascio littorio. Sul rostro sono poi ricavati gli stemmi dei Comuni ove la Cassa di Risparmio ha aperto le sue filiali”. Ma chi s’ingegnasse oggi di individuare tutti questi riferimenti ad un passato imperiale, resterebbe piuttosto deluso. Nel dopoguerra le più pesanti simbologie fasciste sono state infatti scalpellate.