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Personaggi 3
Il 31 gennaio 1969 il giornale "Alto Adige" apriva la prima pagina con un titolo a pieni caratteri: "Sgozzata un'impiegata - nell'ufficio di un notaio". Più sotto un lungo sottotitolo: "Il corpo dell'uccisa è stato scoperto dal fratello del titolare dello studio: egli ha raccontato di essere stato assalito da due malviventi, imbavagliato e imprigionato nello stanzino del bagno - Sembra che il movente del grave fatto di sangue sia la rapina - L'episodio presenta però molti lati oscuri - La vittima aveva 22 anni". Al cimitero di Bolzano sul lato sinistro, camminando sotto il porticato, s'incontra una lapide di marmo lucido e scuro: è la tomba della famiglia Montebugnoli. A lato un tronco d'albero reciso, in marmo bianco, reca una foto e un nome: Francesca. Quello di Francesca Montebugnoli è uno dei più crudeli fatti di sangue avvenuti nel dopoguerra, ed è rimasto insoluto: "scrisse l'articolista - Mario Rossi - si parla di rapina ma c'è qualcosa che non si riesce a comprendere". Ci furono due arresti seguiti da sentenze assolutorie, si andò dall'ipotesi della semplice rapina commessa da due balordi, a teoremi in cui figurava l'attività notarile. Ma senza costrutto. Sta di fatto che tra le 18,15 e le 18,25 del 30 gennaio Francesca era sola nell'ufficio al primo piano del civico 101 di via Duca d'Aosta. Qualcuno la uccise con una coltellata che le squarciò il collo. Il fratello del notaio Giancarlo Giatti, che insegnava alle scuole di via Parma e si chiamava Antonio, fu il primo a dare l'allarme. Raccontò di essere entrato nello studio, di essere stato affrontato da due individui che lo imbavagliarono e lo costrinsero nel bagno (ma gli lasciarono le mani libere), e da lì affacciandosi alla finestra invocò aiuto. Francesca giaceva appoggiata ad un divanetto, il capo reclino, la gola squarciata, un lago di sangue. Impressiona del racconto del giornalista la circostanza, crudele, che nessuno ebbe il coraggio di annunciare ai genitori di Francesca la morte della figlia: gli inquirenti (Questura) li lasciarono sul giroscale dello studio notarile ad attendere. "Passa mezz'ora e poi ancora un quarto d'ora e quell'uomo e sua moglie sono ancora sulle scale che piangono, che si disperano, che invocano un aiuto da qualcuno. E' una scena straziante, tanto che avresti l'impulso di gridarlo, che Francesca è morta (…). E' passata un'ora e un maresciallo convince Enzo Montebugnoli e la moglie a tornare a casa: 'Francesca, vedrà, se le caverà, venga via ora'".
Narra ancora il giornale: "Francesca si sarebbe dovuta sposare in aprile con un ragazzo che ha 25 anni, si chiama Giancarlo Benetti e fa l'idraulico. Era una ragazza felice, bella: aveva pensato a tutto, anche alle difficoltà che avrebbe potuto intonare subito dopo il matrimonio. Difficoltà, intendiamoci, di carattere finanziario (…). Così, tempo addietro, quando il suo datore di lavoro le aveva detto che l'avrebbe licenziata, per via di quel matrimonio, essa l'aveva pregato di tenerla ancora. Semmai avrebbe lasciato il lavoro da sola, nel caso che si fosse preannunciata, in seguito, la nascita di un bambino".
L'indomani si titola "Introvabile l'assassino di Francesca", e via via nei giorni a venire i titoli perdono di rilievo, finché non torneranno ad assumere importanza quando racconteranno l'arresto di due "balordi" - Rudi Rainer e Stefan Plattner - che saranno però poi assolti con formula piena in Assise e Appello, mentre prendono consistenza voci di cambiali per qualche decina di milioni che sarebbero state trafugate dallo studio notarile, cambiali riconducibili ad un cognato del notaio - Normanno Graziani - proteso alla difesa di una sua fabbrica, la ICMEA di Ferrara, in forte difficoltà. Sono entrati intanto in gioco anche i carabinieri che il 26 febbraio 1969 inviano alla procura della Repubblica di Bolzano un rapporto che accentua i sospetti sul cognato, e durante il processo d'appello ai due "balordi" l'avvocatessa Adriana Pasquali, futura senatrice, difendendo il Rainer accentua pesantemente la posizione del cognato pur affermando "io non dico che Graziani è l'assassino, né che è il mandante (…). Forse Graziani ha incaricato qualcuno di cercare qualche cosa nello studio del notaio Giatti, (e questi personaggi) sono andati oltre il mandato" (da "Trilogia in giallo", di Paolo Cagnan, 2005). Ma, prosegue Paolo Cagnan (pag.80): "la pista delle cambiali si è rivelata tanto suggestiva quanto priva di riscontri. Oggi il notaio Giatti è un affermato professionista ancora in attività e Normanno Graziani un abile e stimato antiquario. Entrambi (…) si sono rifatti una vita e non amano che si riapra la ferita". Ma nel trentennale dell'assassinio di Francesca (gennaio 1999), Paolo Cagnan sull'"Alto Adige" scrisse un articolo rievocativo per il quale Normanno Graziani e Giancarlo Giatti intentarono separatamente causa civile al giornale e al Cagnan: il notaio chiese un miliardo e 200 milioni di vecchie lire. Ma Cagnan e il giornale furono assolti, e tanto Graziani quanto Giatti dovettero pagare le spese di giudizio.
Ma il mistero non fu mai risolto.