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Personaggi 2
Una bolzanina quasi DOC
Ricordate Dorian Gray, soubrette ed attrice di respiro nazionale, che negli anni Cinquanta e Sessana ballò accanto ai grandi della rivista e recitò con e per i grandi del cinema? Pochi lo sanno, forse nessuno, ma Dorian Gray era bolzanina. Nacque infatti nella nostra città il 2 febbraio del 1928 da un dipendente statale, Attilio Mangini che all’epoca aveva 36 anni, e da sua moglie Flora Divina, 26 anni, casalinga, “seco lui convivente”, come precisò l’inappuntabile ufficiale di stato civile. Le biografie di Dorian la danno nata nel 1936, ma non è vero: fu lei a volersi ringiovanire di qualche anno, nel tempo, tutto qua. E va detto anche che Dorian Gray non si chiamava in realtà così, ma Maria Luisa Mangini. Quando diventò una stella si scelse quello strano nome, che è anzitutto maschile, e poi inserito nella letteratura inglese ad opera di Oscar Wilde, che lo inventò per un suo ambiguo racconto. “Il ritratto di Dorian Gay” è la storia di un bellissimo giovane cui viene fatto un ritratto, che – per un patto col diavolo – invecchierà nel tempo, mentre il giovane manterrà inalterati i tratti della sua fresca bellezza. Perché la scelta di quel nome? E perché Maria Luisa Mangini si uccise il 16 febbraio 2011? Non se ne seppe mai la ragione, ma chi scrive queste righe affaccia un’ipotesi al limite del romantico: la bellissima Maria Luisa rifiutava l’avanzare del tempo, tant’è vero che modificò la sua data di nascita di otto anni. E un giorno nella sua villa di Torcegno (Trento) a 82 anni ormai suonati ma non denunciati, quando si rese conto che all’incalzare della vecchiaia non era possibile porre ulteriore rimedio. Finì con l’armare una pistola e si uccise. Della sua vicenda bolzanina si sa poco. Abitò con i suoi dapprima in piazza Vittorio Emanuele III, come allora si chiamava piazza Walther. Tre anni dopo nelle case INCIS di piazza Vittoria, costruite dal regime per i dipendenti dello Stato. Quindi in viale Venezia e dal 1936 al numero 1 di via Dante, nuovamente case INCIS. Le bambine di quella zona e di quegli anni frequentavano le scuole “Adelaide Cairoli”, davanti al liceo dei PP.Francescani, in precedenza intitolate a Francesco Giuseppe (ne fu direttore anche il sindaco Julius Perathoner), e oggi intitolate a Goethe. Un appuntamento fisso era quello del sabato pomeriggio, quando le bambine indossavano una camicia bianca ed una gonna nera e confluivano alla casa della G.I.L. (Gioventù italiana del Littorio) di ponte Druso. I maschietti invece, Figli della Lupa o Balilla, andavano ad esercitarsi (marce e poco più) nella G.I.L. di via Vintola, già sede del “Turnverein”, l’ottocentesca società bolzanina di ginnastica. Ma i più piccoli tra i Figli della Lupa andavano invece alla G.I.L. femminile, dove venivano affidati alle cure delle Piccole italiane, forse anche di Maria Luisa. Nell’agosto del 1938 la futura Dorian Gray, appena decenne, chiuse la sua esperienza bolzanina trasferendosi a Pesaro. Le cronache dicono che debuttò come ballerina ad appena 14 anni nella rivista “Votate per Venere” (1950/51) con Macario e Bramieri (ma – fatti i conti – in realtà di anni ne aveva 22). Successo, e venne ingaggiata da Garinei e Giovannini per la rivista “Gran Baldoria” (1952/53) di cui era soubrette Wanda Osiris. Poi altra rivista con Tognazzi e Vianello (“Passo doppio”) ed eccoci farsi avanti il cinema. Dalla metà degli anni Cinquanta Dorian Gray (ormai la piccola Maria Luisa Mangini è ben lontana) interpreta film di genere brillante, come “Totò, Peppino e la malafemmina”. Ma ebbe parti anche nel “Grido” di Antonioni (1957), le affida una parte Fellini in “Le notti di Cabiria” (1957), poi nel 1960 “Il Mattatore” di Dino Risi e “Mogli pericolose” di Luigi Comencini. E’ un curriculum assai più lungo dei film che abbiamo citati, finché con “I criminali della metropoli” di Wilson Dorian Gray chiude. Una sua relazione inconfessata (un figlio maschio) e chissà cos’altro ancora la inducono a ritirarsi nel Trentino, a Torcegno, dove Dorian si costruisce una villa, accanto a quella di un suo zio, e lì passa i suoi anni. Una signora magra, elegante, truccata, così la ricordano. Una signora sola, che un giorno, uccidendosi dà un taglio al passato. Maria Luisa non c’è più.