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Personaggi 3
LA VOCE DI BOLZANO
Ivo Gaddi è stato per lunghi anni per Bolzano la voce della RAI, ma la sua esperienza teatrale risale e ben prima, ed ha il sapore di altri tempi. Classe 1920, Gaddi ricorda oggi (2011) gli anni della guerra quando, da impiegato, seguiva nel tempo libero la sua passione per il palcoscenico. Il regime fascista era un attento promotore della vita culturale, purché ovviamente ci si muovesse entro confini consentiti. L’attività del teatro “Verdi” era vivace, giungevano compagnie importanti come quella di Falconi, di Ruggeri, Baseggio, Benassi, Besozzi, recitavano personaggi come Dina Galli, Vittorio De Sica, Emma Gramatica, Umberto Melnati, i De Filippo, Elsa Merlini, Annibale Ninchi, Enrico Viarisio e molti altri ancora. Ma il cartellone del teatro “Verdi”, nel recente volume di Angela Mura e Massimo Bertoldi, ricorda anche i “Giovanni filodrammatici del Dopolavoro di Bolzano”, il “Dopolavoro postelegrafonici di Bolzano”, compagnie amatoriali di Bressanone e Verona, che si muovevano tutte sotto la tutela del regime. Parallelamente su palcoscenici più modesti si dava ulteriore spazio all’attività di dilettanti o semiprofessionisti. C’era il “Carro di Tespi” che erigeva il suo palcoscenico nelle piazze e addirittura nelle strade (a Bolzano, tra l’altro, nell’odierna piazza Mazzini e addirittura in via Cassa di Risparmio). In questo contesto si mosse anche un giovane impiegato dell’INPS d’origine emiliana: Ivo Gaddi. Aveva la passione del teatro, s’inserì in quel mondo e si trovò proiettato subito a livello nazionale nella stagione 1941/42, quando il suo gruppo aderì ad un concorso nazionale per gruppi teatrali giovanili indetto dalla G.I.L., la Gioventù italiana del Littorio. Misero in scena una fiaba in tre atti, “La principessa Pisello”. Racconta oggi Gaddi: “Gli attori erano quasi tutti studenti sotto i 18 anni, io con i miei 21 ero oltre i limiti e pertanto inammissibile, ma si ricorse ad un sotterfugio: mi si diede una tessera della G.I.L. contraffatta e andai in scena. Fu subito successo. Per tappe successive (vincemmo la selezione interregionale a Venezia) arrivammo a Roma per la finale, e qui – con qualche rammarico – ci classificammo terzi. Comunque un risultato eccellente”. Gaddi ricorda qualche nome di quella lontana compagnia: Annamaria Forte, Sandra e Mirco Zizzola, Vito Saccani, Gianmaria Tabarelli (futuro regista alla RAI). Fu il primo tra i tanti successi conseguiti dal teatro amatoriale di Bolzano, che nel dopoguerra si sarebbero concretizzati in concorsi triveneti, al concorso nazionale di Pesaro, al concorso televisivo Talìa.
Ma tornando indietro, al 1942, Gaddi ricorda in particolare le tante recite effettuate nelle caserme dell’Alto Adige, davanti a platee di soldati rientrati dal fronte e in “ritiro contumaciale”. Erano giovani che avevano combattuto e sarebbero tornati a combattere, ma ai quali erano consentiti 40 giorni di riposo, sempre chiusi però dietro il filo spinato. Si passava di caserma in caserma con il “Torpedone del buonumore”, ed erano scenette, ma anche musica, balletti. Gaddi interpretava una piece di Achille Festa Campanile: “Abbasso il frollocone”. In quel periodo era approdato a Bolzano Goffredo Ginocchio, giornalista e scrittore, ebreo, che trovò un certa copertura proprio da parte di enti del regime, il Dopolavoro ed il G.U.F. (Gioventù universitaria fascista), per il quale ultimo iniziò la costituzione di un nuovo gruppo teatrale che effettuava le prove alla “Camerata del G.U.F.”, nell’odierna piazza Walther. Recitavano anche i fratelli Antonio ed Amanda Cheneri, Giorgio Gnecchi, Nella Lilli (futura partigiana internata nel lager di via Resia e futura consorte di Andrea Mascagni, partigiano anche lui: sarebbe diventato senatore del P.C.I.). Improvvisamente il regista Ginocchio dovette fuggire: una soffiata l’aveva informato della sua prossima cattura. Subentra il vice-regista Ottavio Spadaro. Si riprende con la “sponsorizzazione” del comando federale della G.I.L., viene il 1943, l’attività continua con tre atti unici, poi l’invasione tedesca e le recite italiane vengono proibite (proseguirono clandestinamente nell’ambito del “Magnesio”, come ‘prove generali’, con la complicità del direttore dello stabilimento, Manlio Longon, partigiano, poi ucciso dai nazisti, e di don Daniele Longhi, partigiano, poi internato nel lager di via Resia).
I ricordi di Ivo Gaddi ci riportano nel 1945 alla Liberazione e all’arrivo degli alleati, con i quali giunge a Bolzano il capitano Vittorio Brignole, regista, che subito si dà da fare e mette in piedi il “Piccolo teatro di Radio Bolzano”. Gaddi è del gruppo anche perché nel frattempo s’è impiegato alla RAI, e riprende a recitare davanti al microfono (“non si registrava, come oggi: si andava in diretta!”). Una cinquantina di lavori tra il 1945 e il 1947, poi Brignole passa a Radio Torino, Ivo Gaddi resta alla RAI come annunciatore, recita sui palcoscenici con uno pseudonimo (alla RAI non gli avrebbero consentito queste “evasioni”) e prosegue così fino al 1977, quando va in pensione. Oggi Ivo Gaddi parla volentieri di quella sua attività lontana, che lo aveva proiettato da un palcoscenico all’altro. I radioascoltatori della regione da oltre trent’anni non sentono più la sua voce. La saprebbero riconoscere, se tornasse?